venerdì 10 dicembre 2010

Luigi Meneghello



Luigi Meneghello  Libera nos a malo
Nel complesso i popolani sono più vicini alla natura. Sfojàda metteva in bocca i bachi da seta come se fossero cioccolatini, e per mezzo-gotto di vino li mandava giù.
Sfojàda, Lòba, Squala, Bèna, Cicàna: c’era tutta una generazione, tutta una razza di uomini investiti di una sinistra grandezza. Andavano scalzi coi tubi di tela a mezza gamba, erano amici delle cose che esplodono (Bèna era senza una mano), erano avventurosi, empi, indomabili.
Avevano in tasca ronchetti e coltelli, giocavano a soldi, raggruppati sugli scalini della Casa del Fascio, giravano camminando con indolenza e come a malincuore. Facevano cerchio in Prà, e Cicàna raccontava:
«Prima si vede la mano chiusa a pugno, e intorno è tutto scuro e la mano è illuminata. Poi questa mano pian-pianello si apre, e si vede un gioiello bellissimo, lustro, grosso cosi. Questo gioiello è posato in mezzo al palmo della mano, la mano è rùspia e il gioiello netto e lìmpio. Poi la mano comincia a girare, e gira anche questo gioiello, e si vedono i raggi…».
Cicàna era un grande raccontatore di film, anche quelli in tre, in quattro pisòdi. Li faceva durare molto più dell’ originale, e aveva un senso vivo delle inquadrature e dei valori tattili e visivi. Sapevamo tutto sul ladro di Bagdà, Maciste e il segno di Zòro. Il dialogo delle didascalie, tradotto in dialetto si ravvivava; le bestemmie fioccavano.
Cicàna sapeva un numero infinito di bestemmie; altre ne inventava. Una volta scommise di dirne trecento cinquanta tutte diverse una dietro l’altra, e vinse senza impegnarsi a fondo. Lo ascoltavamo incantati; era come una lauda pervasa da un vivo sentimento della natura e da un attento spirito di osservazione.
Era di pomeriggio, ed eravamo nell’ angolo d’ombra dell’ultima casa verso il ponte del Castello. La stramba litania ci faceva sfilare davanti agli occhi animali esotici e piccoli mammiferi nostrani, uccelli, pesci e rettili, la fauna dei letamai intenta ai suoi traffici, e la gaia flora dei marciapiedi, i grandi sputi gialli dei tabacconi, scarlatti dei tisici. Si vedeva il maggiolino capovolto, l’imbelle brombolo, remigare colle zampette, la pantegana trottare in cima a un muro annusando l’aria, e il carbonazzo avvinghiato alle gambe delle contadine batterle forte colla coda.
Le bestie selvatiche e domestiche, quelle innocue e quelle feroci, i pachidermi e le piccole polde, e fino i microbi e i bacilli che si stenta a vedere a occhio nudo; le bestie dell’aria, dalle pojane altissime agli sciami folti e bassi dei moscerini, le bestie del giorno e della notte, quelle delle acque limpide e dei gorghi scuri.
Alle cento bestemmie Cicàna lasciò il regno animale e passò alle piante, alle erbe, ai licheni, alle muffe; sulle duecento entrò nel mondo bruto della materia inanimata; alle trecento cominciò a toccare la sfera delle arti e dei mestieri, le strutture della società, il gioco delle passioni umane.
Terminò col microcosmo dell’uomo, dei suoi visceri attraenti insieme e repulsivi, delle sue mirabili funzioni fisiologiche; e compiuto il numero delle bestemmie pattuite (Lòba teneva il conto), ne aggiunse alcune altre in supplemento, sciogliendo un inno alll’Amore che chiamava però in altro modo: ormai faceva accademia, e fu fermato alle trecento e settantuna.
Concluse con una bestemmia breve e solenne, raddoppiando il Nome di Dio.

Popolano : che è proprio del popolo
Mezzo gotto : mezzo bicchiere
Empio : che reca offesa alla religione, crudele
Indomabile : che non si lascia domare, selvaggio
Ronchetto : piccolo arnese usato per tagliare i rami secchi o superflui
Indolenza : mancanza di volontà, svogliatezza
Pian-pianello : lentamente
Lustro : lucente
Limpio : limpido
Lauda : canto a Dio e ai Santi
Stramba : stravagante, bizzarro
Litania : invocazione a Dio e ai Santi
Esotico : che proviene da paesi lontani
Tisico : debole, gracile
Imbelle : incapace di difendersi
Remigare : compiere un movimento simile a quello dei remi
Innocue : che non fa male a nessuno
Pachiderma : ogni mammifero con pelle molto spessa, ad esempio l’elefante
Bacillo : tipo di batterio di forma allungata, a bastoncino
Lichene : organismo vegetale che deriva dall’associazione di un’alga con un fungo e si può sviluppare su rocce, sul terreno o sugli alberi
Viscere : ogni organo interno del corpo umano
Pattuite : decise, stabilite







Mario Rigoni Stern



Lo scrittore veneto racconta in modo esemplare quelle piccole e grandi trasformazioni della natura che caratterizzano le stagioni sull’altipiano, dove lui viveva. Ecco una serie di riflessioni che Rigoni Stern ha fatto in un incontro pubblico.

Inverno
L’inverno è il momento della riflessione, ma anche il momento della sofferenza, specialmente per chi ha tanti anni e ha memorie lontane: quante case, ad esempio, non avevano il riscaldamento?
È anche l’inverno della guerra. E l’inverno della guerra si riempie di memorie.
L’inverno porta con sé anche le memorie della neve, le grandi sciate.
È il momento delle riflessioni della vecchiaia e anche la gioia dei bambini quando arriva la prima neve che, con la bocca aperta guardando il cielo, s’impegnano a raccogliere i fiocchi che scendono.
L’inverno è anche una tavola grande, dove si sta in tanti e un fuoco che brucia per scaldare.
È la stagione fatta per leggere anche se oggi la televisione sostituisce in parte questa abitudine oltre a quella del racconto – non ci sono più né la nonna, né gli anziani che narrano storie vissute, sostituiti dalla televisione che racconta storie banali e false.
Se ci guardiamo intorno, noi anziani ancora vediamo la nostra fanciullezza: le capriole, le corse nella neve, il freddo, il gelo… non importava nulla e si viveva, mentre la fantasia navigava in modo leggero e si caricava di mistero.

In questi anni abbiamo perso tanto.
Non sappiamo più vivere l’inverno come si viveva una volta. Forse la colpa è dei termosifoni e dell’aria condizionata che ci ha fatto perdere il gusto del passare delle stagioni.
Pensate al focolare, in una cucina di montagna qualsiasi (non occorre essere in una famiglia ricca): in tutte le case solitamente c’era almeno un libro dell’infanzia, e ci si metteva vicino al fuoco per leggere e parlare…
L’inverno vissuto in un’altra maniera: quale dei due scegliere?
Certamente è una tradizione che va recuperata, quella della lettura, anche senza il fuoco, ma pensate che tristezza non avere più il fuoco!
Il fuoco è una grande compagnia.
Quando eravamo in Albania (io avevo 18 anni ed ero in guerra) c’era una signora che raccontava le storie dell’Orlando Furioso: era una poetessa e recitava accanto al fuoco l’Orlando Furioso… chissà come l’aveva imparato. Oggi si accende la televisione e chissà se si sa ancora cos’è l’Orlando...
Cerchiamo di liberarci dai nostri condizionamenti e riconquistiamo ciò che ci fa "rivedere le stelle" e non solo in senso metaforico.
Ricordo una notte in Germania, era inverno: che meraviglia! Che silenzio! Un cielo pieno di stelle! Si erano spente tutte le luci e sembrava d’essere tornati indietro non di cinquant’anni, ma di settanta/ottanta.
Nella vostra vita vi auguro almeno un blackout in una notte limpida!

Riflessione: meditazione, pensiero
Riscaldamento: mezzi per riscaldare un’abitazione
Riempie: diventa pieno
Vecchiaia: ultima età della vita
Fiocchi (di neve): neve
Brucia: prende fuoco
Sostituisce: prende il posto di
Narrano: raccontano
Fanciullezza: infanzia, gioventù
Capriole: piroette, salti, volteggi
Caricava: riempiva, colmava
Termosifoni: apparecchi nell’abitazione che serve per riscaldare
Focolare: fuoco
Maniera: modo
Recuperata: ripresa, riutilizzata
Tristezza: contrario di allegria
Orlando Furioso: poema epico cavalleresco di Ludovico Ariosto
Chissà: mah, chi lo sa
Condizionamenti: influenze
Stelle: astri luminosi che stanno in cielo
Limpida: pura, chiara